Nel cuore del Gargano, ogni dolce ha una storia da raccontare. Alcuni parlano di feste, altri di stagioni che cambiano, altri ancora sussurrano memorie lontane, fatte di nonne, tavoli impolverati di zucchero e piccoli gesti tramandati con amore.
I Cavaddùzzi e i Piccuredd’ sono tra quei dolcetti che, più che semplici dessert, sono simboli di una cultura antica e affettuosa. Hanno la forma di agnelli, cavallucci, piccoli animali che un tempo popolavano l’immaginario dei bambini e che oggi tornano sulle tavole per raccontare la dolcezza di un’infanzia semplice e autentica.
Dolci della tradizione garganica: tra religione e quotidianità
I Cavaddùzzi (cavallucci) e i Piccuredd’ (agnellini) affondano le loro radici nella cultura contadina del Gargano, dove niente era solo ciò che sembrava. Un dolce non era solo cibo: era dono, rito, gioco. Realizzati in occasione della Pasqua o della festa di San Giuseppe, questi dolcetti prendevano vita nelle cucine familiari, modellati a mano e decorati con attenzione.
Le forme non erano casuali: l’agnello richiama la simbologia religiosa del sacrificio e della rinascita, mentre il cavalluccio era spesso il dono per i bambini, un piccolo premio che faceva brillare gli occhi. Oggi queste dolcezze vengono ancora preparate in alcuni paesi del Gargano, soprattutto nelle aree interne, dove la memoria delle tradizioni è più forte e viva.
Un impasto semplice che sa di casa
Gli ingredienti sono poveri, come spesso accade nei dolci antichi: farina, zucchero, olio d’oliva, vino bianco o vincotto, qualche aroma naturale. L’impasto viene lavorato fino a ottenere una consistenza morbida ma compatta, facile da modellare. A questo punto entra in gioco la fantasia: si creano piccole sculture, si intagliano le orecchie, si curvano le zampe, si aggiungono occhi di confettini o decori di glassa. Non esistono stampi: ogni Cavaddùzzu è unico, irripetibile, personale.
Spesso sono i bambini a partecipare alla preparazione, imparando gesti antichi senza nemmeno rendersene conto. È proprio questo che li rende speciali: più che un dolce, sono una carezza in cucina.
Un regalo d’amore e di memoria
Nel passato, Cavaddùzzi e Piccuredd’ venivano regalati ai più piccoli dai padrini e dalle madrine in occasione della Pasqua. Non era solo un dono gastronomico, ma un gesto d’affetto, un modo per dire “ti penso” con semplicità. C’era chi li confezionava in carta colorata, chi li nascondeva tra le fronde di un ulivo come piccola sorpresa, chi li lasciava sotto il cuscino.
Anche oggi, chi li prepara sceglie di farlo con lo stesso spirito, come gesto d’amore e di continuità. Alcune pasticcerie artigianali del Gargano hanno riscoperto questa tradizione e li propongono in edizioni limitate nei periodi di festa, mantenendo viva una dolce usanza che altrimenti rischierebbe di scomparire.
Dove trovarli e perché portarseli a casa
Durante le settimane che precedono la Pasqua, in alcuni paesi del promontorio – come Vico del Gargano, Carpino o Ischitella – è possibile trovare Cavaddùzzi e Piccuredd’ nei forni locali o nelle botteghe artigianali che ancora lavorano come una volta. Alcuni li confezionano su richiesta, magari personalizzandoli con il nome del destinatario, proprio come si faceva un tempo.
Portarne uno a casa non significa solo portare via un dolce: vuol dire portare con sé un pezzo di infanzia garganica, fatta di mani impastate, racconti attorno al fuoco e piccoli sogni di zucchero.
Il Gargano da assaporare con gli occhi del cuore
Chi sceglie di trascorrere una vacanza sul Gargano ha la possibilità di vivere un territorio che non si limita alla bellezza del paesaggio. C’è un’intera cultura fatta di piccoli gesti, di dolci che parlano, di tradizioni che resistono. I Cavaddùzzi e i Piccuredd’ sono solo una delle tante meraviglie che si possono incontrare lungo il cammino: e se all’inizio sembrano solo curiosità, basta un morso per scoprire quanto possano essere emozionanti.
Nel silenzio di una cucina, tra il profumo dell’impasto e il calore di un forno acceso, si nasconde una delle anime più vere del promontorio. E forse, proprio lì, si trova la forma più autentica dell’accoglienza garganica.